Ho deciso di scrivere questo articolo in quanto molto frequentemente ricevo in studio persone o atleti che si allenano in palestra con dolori o disturbi muscolo-scheletrici senza che ci sia un evento traumatico diretto.

A livello statistico, sono rari gli infortuni traumatici durante un esercizio: è probabile che si verifichino qualora il soggetto perda la concentrazione su ciò che sta facendo perchè viene distratto o perchè pensa totalmente ad altro.
Sono al contrario molto più frequenti gli infortuni legati al sovraccarico funzionale reiterato nel corso del tempo e degli allenamenti, che provocano costanti microtraumi a carico dei tessuti anatomici coinvolti.

CAUSE PRINCIPALI DI INFORTUNIO

Iniziamo elencando 4 principali macroaree all’interno delle quali possiamo catalogare i vari infortuni da stress funzionale.

1) TECNICA DEGLI ESERCIZI
2) PROGRAMMAZIONE DELL’ALLENAMENTO
3) ASPETTI POSTURALI E FUNZIONALI SOGGETTIVI
4) MANCANZA DI RISCALDAMENTO ADEGUATO E PERSONALIZZATO

Per quanto riguarda la componente tecnica degli esercizi, l’esecuzione deve sempre tendere alla perfezione. Che si tratti di un neofito o di un esperto, l’assetto dell’esercizio deve sempre rispettare lo schema motorio che ci faccia attivare i muscoli targhet che vogliamo stimolare; deve rispettare la corretta biomeccanica e le peculiarità articolari del soggetto. Questo aspetto rappresenta sicuramente il primo punto da rispettare per evitare di farsi male.

plank sbagliato

Questa foto rappresenta la forma errata di plank, con sovraccarico sulle carico sulle strutture vertebrali posteriori

plank corretto

In questa immagine il carico è gestito correttamente dalla parete addominale.

A livello di programmazione dell’allenamento, è necessario e fondamentale conoscere il concetto di sovraccarico progressivo. I carichi e i volumi di allenamento devono essere programmati in modo consapevole rispetto alle caratteristiche del soggetto e alla sua esperienza.

Come è ben risaputo, gli adattamenti muscolari e neurali in una persona che per le prime volte si approccia all’allenamento con i sovraccarichi, sono abbastanza veloci. Nel giro di qualche mese è possibile notare un incremento di forza nei carichi sollevati notevole. Questo è dovuto al fatto che migliora la componente tecnica e migliorano le attivazioni nervose e muscolari. Purtroppo non segue la stessa velocità l’adattamento tendineo: il tendine sottoposto a carichi aumentati troppo precocemente senza rispettare il suo condizionamento progressivo inizierà ad essere sottoposto ad un sovraccarico funzionale che se protratto troppo a lungo finirà per infiammarsi.

La maggior parte delle tendinopatie è proprio legata ad un sovraccarico funzionale non progressivo ed incontrollato, anche mantenendo la tecnica più che perfetta: basti pensare alle epicondiliti ed epitrocleiti a carico del gomito negli atleti che si cimentano in centinaia di trazioni senza senso alla “no pain no gain”, oppure a tutti quei disturbi alla spalle causati da dips alle parallele con zavorre.

Sia ben chiaro, non sto demonizzando questi esercizi, sto solo dicendo che vanno affrontati solo se abbiamo rispettato i tempi del sovraccarico progressivo!

sovraccarico progressivo

Milone da Crotone e il concetto di sovraccarico progressivo nel corso degli anni.

Un terzo aspetto da considerare (e qui è necessario l’aiuto di un occhio esperto e del settore), riguarda la presa di coscienza di tutti quegli aspetti posturali e funzionali caratteristici del soggetto. Un esercizio tecnicamente corretto, con volumi e carichi programmati in modo maniacale, ma somministrato ad una persona con alterazioni posturali o limitazioni articolari funzionali, possono comunque alzare il rischio di infortunio.
Mi riferisco a tutte quelle posture sbilanciate sia sul piano frontale (scoliosi, asimmetrie scapolari, forti dismetrie degli arti inferiori…) sia sul piano sagittale (ipercifosi, spalle anteposte, iper o ipolordosi…); o ancora tutte quelle forme di limitazioni funzionali come spalle rigide o instabili, valgismo di ginocchia, piedi piatti, forti rigidità dorsali ecc.

scoliosi asimmetria

La presenza di scoliosi e la conseguente asimmetria a carico delle scapole aumenta la possibilità di infortunio se non considerata nella stesura del piano d’allenamento

Un esempio tipico di infortunio da palestra è l’infiammazione a carico di una o più strutture articolari della spalla in quei soggetti con mobilità incompleta in flessione d’omero che si cimentano nel fare esercizi overhead (sopra la testa, spinta verso l’alto). Questi soggetti avrebbero bisogno assoluto di fare un lavoro preliminare di recupero della mobilità completa prima di cimentarsi in questo tipo di esercizio.
Un altro tipico esempio è la persona con riduzione di curva lombare su base posturale o per via di una forte rigidità degli ischio-crurali che ci cimenta in squat profondi. Da li a breve quasi sicuramente svilupperà disturbi a livello lombare per incapacità di mantenere le fisiologiche curve della colonna durante la discesa. In questi casi quello che mi sento di consigliare sarà il preferire esercizi monolaterali come affondi, bulgarian squat o step up, per riuscire a mantenere un assetto di schiena e bacino più corretto possibile.

GESTIONE DEL DOLORE

Tutti questi fattori sono da cogliere preventivamente per impostare gli esercizi nel modo migliore possibile per il soggetto!
Se si dovessero avvertire fastidi o campanelli d’allarme durante i propri allenamenti, la prima cosa da fare non è smettere di allenarsi, ma farlo con più testa. E’ consigliato cercare di adattare il movimento in modo da non sentire fastidio, ad esempio cambiando l’angolo di lavoro, trovando una presa differente o semplicemente diminuendo carichi e volumi di allenamento. Sconsigliatissimo invece allenarsi sul dolore ignorando i sintomi. Più questa operazione viene ripetuta, più la struttura si sensibilizzerà, rispondendo con elevato dolore anche a sollecitazioni minori, fino all’impotenza funzionale del segmento coinvolto. In questi casi il processo di recupero e desensibilizzazione sarà ancora più lungo.

Qualora nel giro di 2-3 settimane la sintomatologia dovesse persistere, è consigliato vivamente di consultare una figura professionale esperta come l’osteopata o il fisioterapista, meglio se specializzato in ambito sportivo, per ricercare la presenza di fattori che possono inficiare con i meccanismi di autoguarigione del corpo, ad esempio un’instabilità articolare, una limitazione di movimento di un’articolazione o la disfunzione di un distretto corporeo.

Vale la pena ricordare l’importanza del riscaldamento. Un attivazione generale e specifica dei distretti coinvolti sarà sicuramente d’aiuto per alleviare lo stress sui tessuti coinvolti, soprattutto ad inizio allenamento. Nel riscaldamento generale può essere utile a scopo preventivo inserire una batteria di esercizi di mobilizzazione, stabilizzazione o propriocettività utili a lavorare sui nostri punti deboli. Nel riscaldamento specifico andremo invece a svolgere serie di avvicinamento al carico allenante dell’esercizio in programma per preparare gradualmente sia i muscoli che le attivazioni neurali specifiche per quel determinato schema motorio.

Esercizio di estensione dorsale e mobilità di spalla inserito in fase iniziale di riscaldamento specifico